Scoperta del territorio: Carpino

Alla scoperta del territorio

CARPINO

Si è deciso di dedicare questa rubrica alla scoperta di questa simpatica cittadina del Gargano anche in vista di una nostra prossima escursione con relativa giornata studio presso l’Azienda Facenna che opera in questo territorio. Essendo il mio paese di residenza mi sono offerto di descriverlo e raccontarvi tutto quello che potrebbe interessare un visitatore esigente.

Il centro abitato di Carpino, dolcemente adagiato su un colle, domina la fertile piana che degrada verso il lago Varano mentre alle sue spalle i contrafforti del Gargano gli fanno da cornice. Ha una superficie di 82,44 chilometri quadrati per una densità abitativa di 57 abitanti per chilometro quadrato. L’origine dell'insediamento e del suo nome non è certa, sebbene nel suo territorio siano stati rinvenuti numerosi oggetti in pietra scheggiata risalenti all'epoca del Neolitico insieme a tracce di insediamenti di epoca romana. La leggenda vuole che, intorno all’anno Mille, dopo che la mitica città di Uria, ricordata da Strabone (63 a.C. - 24 d.C.), fu sommersa dal lago di Varano, nei luoghi, dove sorge attualmente Carpino, si stabilirono gli ultimi profughi, protetti dai frondosi boschi di càrpini. Altre fonti, invece, affermano che la migrazione di questi profughi dalle sponde del lago di Varano fu dovuta al diffondersi di un epidemia, la “malaria”, causata dalle paludi presenti. La sua esistenza, in età medioevale, è testimoniata da una Bolla Papale, ”Religiosam Vitam”, del 1158, emessa dal pontefice Adriano IV, dove viene citato con il nome di ”Castellum Caprelis”, denominazione legata probabilmente dalla presenza di caprioli sul territorio. Questa ipotesi si contrappone all’altra che vuole l’origine del nome legata alla presenza di frondosi boschi di càrpini sulle colline dell’attuale Carpino. Esiste testimonianza di un antico castello di epoca normanna data dalla presenza di alcuni ruderi di cui una torre che delimitava uno dei suoi quattro angoli. Trovandosi su uno dei punti più alti del territorio permetteva la facile visione di probabili attacchi provenienti dalla pianura. Attorno al castello cominciarono a sorgere le abitazioni, ad opera delle popolazioni provenienti dalla pianura, con una disposizione quasi concentrica, come si può osservare vedendo la pianta del paese: questa era una delle disposizioni più frequentemente usate nel medioevo perché le varie abitazioni attaccate le une alle altre formavano una specie di bastione di cinta. In età federiciana gli abitanti ricevettero gratificazioni e privilegi dal re per aver "foraggiato e dissetato le truppe sveve". Dopo il dominio svevo veniva concessa ai Della Marra i quali, regnando Ferdinando D'Aragona, furono spodestati per la disobbedienza del loro erede Giovanpaolo. Il feudo, successivamente, venne assegnato ai Di Sangro di Torremaggiore, ai Mormile, ai Loffredo, ai Brancaccio.

Oggi possiamo apprezzare di Carpino soprattutto il suo centro storico articolato in quartieri particolarmente suggestivi. Quello denominato “La Terr”, il più antico, a sud ovest del castello, è caratterizzato, da un lato, da strade strette e pavimentate con roccia vulcanica, mentre quelle che scendono verso la periferia sono ripide e composte quasi esclusivamente da gradini; le case, addossate le une alle altre, spesso hanno come accesso una struttura caratteristica, “il mugnale”, piccola scalinata con il poggiolo; in questo quartiere è ubicata la chiesa di San Nicola di Mira o chiesa madre. A ridosso del castello si snoda il quartiere “Lu Carm’nal” con case quasi sempre prive di intonaco che mettono in risalto le pietre usate al posto dei mattoni; in uno dei pochi spazi della zona si ritrova, addossata ad una vecchia casa una croce in ferro battuto di colore nero, recante attaccati al braccio corto gli strumenti della passione e morte di Gesù Cristo.

Carpino ha un territorio che vede molto diffusa la coltivazione dell’olivo tant’è che si fregia del titolo di “Città dell’olio”: questo prodotto, ricchezza principale del paese, viene “onorato” ogni anno con l’apposita Festa dell’olio. La vite che fino ad alcuni anni fa era molto diffusa, sta diminuendo mentre di veri e propri frutteti non si può parlare anche se gli alberi da frutta non mancano: si ricorda la grossa varietà di peri, i peschi, i ciliegi, le amarene, i nespoli, i melograni e i sorbi. Grande è la quantità e la varietà di fichi, presenti da giugno fino a ottobre-novembre. Il particolare clima della zona permette la fioritura e la maturazione del fico d’India che, per la caratteristica di essere una pianta grassa e spinosa, viene anche utilizzato per la recinzione dei terreni coltivati.Sono presenti anche aranci, limoni e mandarini. Fra gli alberi da frutta secca ricordiamo i mandorli, i noci, i castagni e qualche pistacchio. Nella zona costiera del lago si coltivano ortaggi come piselli, ceci, patate, rape, cavoli, carote, zucchine, cavoli, insalate. Tende invece a scomparire la coltivazione delle fave che, nella varietà autoctona (più piccole e leggermente più dolci), sono un prodotto molto apprezzato. La coltura dei cereali è seconda solo a quella dell’olivo ed è in gran parte presente nella zona del piano, la zona ad ovest del paese. Interessanti risultano alcune tradizioni alimentari. Le olive sono un alimento che si può ritrovare per tutto l’anno: quelle nere, trattate con sale, si tengono in barattoli di vetro con aglio, peperoncino e fiore di finocchio; le verdi vengono conservate sott’acqua dopo essere state trattate con salamoia. Soprattutto in passato era diffuso l’uso delle fave abbrustolite, fave secche arrostite al fuoco del caminetto in un recipiente metallico. Un posto a parte merita la “musciska”, una specialità culinaria una volta molto comune e da poco ricomparsa sul mercato, dopo un periodo di relativo abbandono. A tal proposito, poiché mi è sembrato curioso e interessante, riporto alcune frasi di un articolo di giornale che ha trattato la nascita della musciska. Era “carne di pecora morta, pulita, tagliata a strisce, condita con sale e piccanti aromi, fatta essiccare al sole .... Il suo uso risale al tempo della Dogana delle pecore, istituita nel 1447 da Alfonso D’Aragona. Tra le varie cariche affidate agli uomini della Dogana c’era quello dei Bassettieri che avevano facoltà di acquistare pecore morte di vecchiaia o di malattia non infettiva. La vendita di “carne morticina” era quindi una buona fonte di entrata per i Censuari del Tavoliere, i quali ricorrevano a qualsiasi abuso, non avendo in alcuna considerazione la salute del popolo: la carne di pecore morte non era infatti sottoposta ad alcun tipo di controllo. Soltanto nel 1809, dall’intendente Turgis, fu emanato un decreto per abolire tale usanza, nonostante le ferme proteste di coloro interessati a tale operazione per motivi di carattere pecuniario.” Ai nostri giorni questa specialità è ricomparsa ma non è più di carne morticina bensì di vitello o pecora macellata appositamente.

Infine è utile far notare che Carpino è un paese molto noto nell'ambito dell'etnomusicologia, perché la musica tradizionale popolare, di origini antichissime, si è conservata fino ad oggi, grazie soprattutto all'opera dei cosiddetti Cantori, dei suonatori di chitarra battente che l'hanno tramandata di generazione in generazione. Al fine di stimolare la gente a riappropriarsi della propria identità, a riconoscere le proprie radici in una cultura ormai quasi scomparsa ma certamente degna di essere rivalutata, Rocco Draicchio nel 1996 concepisce l'idea del Carpino Folk Festival. Oggi Carpino costituisce una delle capitali della musica popolare e tradizionale italiana ed europea.

Luigi Giordano

 
Data Articolo: 
Sabato, Febbraio 4, 2006 - 20:15

© 2004 2021 - Casa dello Studente Michele Di Sangro - Via Guadone Località Perretti, 71016 San Severo (FG), tel. e fax 0882.331507

convitto-micheledisangro.net