Scoperta del territorio: iSCHITELLA

Scoperta del territorio

ISCHITELLA

E’ una caratteristica città nel cuore del Gargano che si trova in una posizione paesaggisticamente felice, arrampicata a mezza costa, con bianche case a terrazza, vie strette e tortuose che guardano al mare. Sul nome coesistono due interpretazioni: Ischio (quercia), tellus (terra) quindi “Terra della Quercia”; oppure Schit (voce dialettale: solo), tellus (terra) da cui “Terra Solitaria”.

Sulle origini di Ischitella esistono varie tesi: nel luogo dove essa sorge si pensa sia esistito un piccolo nucleo abitato in epoca paleocristiana e lo testimoniano vari ipogei sepolcrali dell’epoca, presenti sul versante sud della collina. Inoltre un antico tratturo conosciuto come “carrara del Mercante” parte dai piedi della collina della Civita e attraversa, con percorso abbastanza rettilineo, la località Cardosa e Chianchetta: questa potrebbe essere stata, secondo alcuni storici, una via di collegamento tra il centro abitato della Civita e il mare e che consentiva agli abitanti di quel centro attività marinare. La tradizione, comunque, racconta che gli abitanti della mitica città romana di Uria, flagellati dalla malaria, si siano diretti sulle alture circostanti dando origine appunto a Carpino, Cagnano e Ischitella: rinvenimenti compiuti in prossimità del lago di Varano avvalorerebbero tale supposizione. Comunque la prima notizia datata è quella che risale alla liberazione dai musulmani, accampati sotto le sue porte, da parte dell'Imperatore Ottone I (970). Nel 1058 Ischitella viene su una Bolla Pontificia del Papa Stefano IX ordinando la sua protezione verso l'Abbazia di Calena (Peschici) e la chiesuola di San Pietro in Cuppis (poco distante dal paese). Su un documento del 1225, durante la dominazione sveva, Ischitella era segnata con il termine di "Castrum", vocabolo latino che corrisponde a "Fortezza" o "Rocca". Infatti, il borgo medioevale era una strategica e invincibile roccaforte con una massiccia cinta, proprio grazie alla sua elevazione altimetrica, ad una visuale molto ampia e ad un'eccellente sistemazione geografica. A testimoniare l'antico passato medioevale di Ischitella vi sono le due porte della cinta muraria ancora rimaste integre: la Portella e la Porta del Rivellino. Erano poste a difesa del rione "Terra Vecchia". La Portella, posta a nord del rione, è la più suggestiva anche perchè da poco restaurata. Contiene in una nicchia sopra l'arco una statua di San Michele Arcangelo, protettore dei terremoti. In età angioina fu feudo dei Gentile, conti di Lesina, poi passò ai nobili Isardo, De Cunio, De Capua, Ianvilla, Giovanni D'Angiò (fratello del Re Roberto). Fu il principe Giovanni a donare il feudo alla bellissima Agnese di Peregord, la donna che ispirò al Boccaccio l'opera "Il Decamerone". Ischitella, infine, appartenne ai nobili Durazzo, Bulgarello, Dentice, Di Sangro, Turibolo, Pinto. Un vanto per Ischitella è quello di aver dato i natali allo storico, filosofo e giureconsulto Pietro Giannone (1676). Urbanisticamente la città è suddivisa in due rioni, quello medioevale di “Torre Vecchia” ed il più recente “Ponte”, formatosi a partire dalla seconda metà del Settecento. Il centro originario resta comunque quello di “Torre Vecchia”, che riserva sorprendenti angoli dove ammirare case e a terrazza, scalinate esterne, stretti e tortuosi anfratti, fino alle mura di cinta. All'interno del centro storico domina la piazza ed il corso il Palazzo (detto Ventrella) riedificato nel 1714, sulle rovine dell’antico Castello, ad opera di Francesco Emanuele Pinto, principe di Ischitella. Tale palazzo, purtroppo, non è visitabile nelle sue magnificenze. In prossimità del palazzo Ventrella vi è la Chiesa di San Eustachio (dedicata in precedenza a San Michele) contenente le statue del Santo Patrono San Eustachio, della moglie e dei suoi due figli. E' di stile romanico, ultimata nel 1715 da parte del principe Francesco Emanuele Pinto (ne esiste un'esatta copia a Roma). La facciata reca due nicchie, poste ai lati dell'ingresso con due statue: sulla sinistra è posto il patrono "San Eustachio" e sulla destra "San Pasquale Baylon". Da notare sempre sulla facciata principale, in cima alla grande arcata, iltempietto con dentro la statuetta di "San Michele". Tra il Palazzo Ventrella e la Chiesa vi è un passaggio sotterraneo che serviva ai nobili per spostarsi dalla loro dimora alla chiesa evitando sguardi indiscreti. Sempre nella zona vecchia del paese, si trova la Chiesa dedicata a San Francesco D'Assisi e contenente il monumento sepolcrale al principe Luigi Pinto. La chiesa è confinante ad un antico convento edificato, secondo la tradizione per volere di San Francesco d'Assisi che all'epoca aveva sostato ad Ischitella, diretto alla Grotta di San Michele Arcangelo di Monte Sant'Angelo. Sul sagrato c'è un singolare cipresso da immemorabile tempo è rinsecchito con serpeggianti rami di color corvino e ancora robusti. Decenni fa si è tentato di tagliarlo ma è talmente resistente e durevole il suo legno che le seghe e le asce sono divenute inutilizzabili. Tutta questa inesauribile potenza deriverebbe dalla mano di chi lo ha piantato, cioè San Francesco D'Assisi. Infatti in base ad una leggenda antichissima e riportata nelle "Biografie Ischitellane" di P. Ciro Cannarozzi l’albero in questione (un cipresso e non un pino come crede la popolazione) ha origine da un bastone che il Santo piantò nel suolo ischitellano, laddove, qualche anno dopo, sarebbe stato edificato il Convento. Da quel giorno gli ischitellani offrirono molta devozione verso il divino albero, ma il demonio per punizione verso il santo e la popolazione fece abbattere un'enorme tempesta, lasciandolo crollare miseramente a terra. Tuttavia il Santo confuse il Demonio con un altro prodigio, perché capovolse l’albero, lo ripiantò, così capovolto, e l’albero seguitò a vivere coi rami e le foglie sottoterra e le radici per l’aria. Tutto ciò giustifica lo stato attuale dell’albero con i suoi rami neri e tortuosi, senza foglie, che sembrano davvero delle radici e per il popolo ischitellano sono tali: il tronco è ancora potente ed emana profumo di resina che si espande tutto intorno circondando quest’albero ancora di mistero. Particolarmente cara agli abitanti di Ischitella è la chiesadell'Annunziata, adagiata sulle sponde del lago di Varano, in aperta campagna, tra ulivi. Essa conserva un crocifisso di gran pregio, stimato in tutto il Gargano settentrionale; la sua bellezza ha dato libero corso alla fantasia popolare. Qualcuno dice che "è il vero ritratto di Gesù" scolpito dall’evangelista San Luca, protettore dei pittori, a cui le varie tradizioni locali attribuiscono innumerevoli immagini della Madonna. Il 23 aprile di ogni anno, il Crocifisso viene portato solennemente in processione, a ricordo delle abbondanti piogge che si sono svolte in tal giorno dopo lunghi periodi di siccità. Tale miracolo avvenuto, la prima volta, il23 aprile 1717 si è ripetuto nel tempo ed in particolare modo nel 1899 e nel 1948. Nella stragrande maggioranza, ogni volta che si porta a termine la processione, dal cielo cade la pioggia. Il territorio di Ischitella è il più vasto tra quelli dei paesi limitrofi, molto vario comprendendo una zona pianeggiante verso il lago di Varano ed una ondulata di bassa collina, le cosiddette coppe, coltivate ad oliveti. Merita una menzione a parte, sempre nell’agro di Ischitella, la località balneare di Foce Varano: un piccolo agglomerato con un porticciolo turistico ed un’economia basata prevalentemente sull’allevamento delle anguille e delle cozze, nonché sulla spicciola agricoltura rurale di frutta ed ortaggi.Si dice che in prossimità di questa piccola frazione sorgesse l’antico porto romano di "Garnae", di cui scrisse anche Plinio. All’imbocco dell’antico canale di accesso al lago, abbiamo la Torre di Varano, che nel 1461 ospitò il re Ferdinando d’Aragona. Sull’Istmo dell’Isola Varano che separa l’Adriatico dal lago di Varano (della lunghezza di 10 km. e larghezza di 500 m.) si distende una stupenda pineta ricca anche di eucalipti e macchia mediterranea, con una riserva naturale ed una grande varietà di specie animali, tra cui uccelli acquatici e tartarughe. La parte più alta del territorio di Ischitella, caratterizzata da boschi, favorisce, al 50% l’allevamento dei bovini, la pianura, in ragione del 40%, è destinata ad oliveti. Sul Monte Civita e sul vicino Monte la Tribuna si notano dei rigogliosi paesaggi floreali dove, in primavera, primeggiano orchidee e ginestre.Il territorio è attraversato, da est a ovest, da due torrenti, il Romondato e lo Scarcafarina, e fonti d’acqua (Acqua del Casale, Acqua di Bezzola, Fontanelle, Acqua d’Anitre, Fontana, Pescara, Grotta del Tasso, San Francato, Fontanelle di Chiangone).

In conclusione un riferimento veloce alla sua gastronomia: la cucina ischitellana basata su pasta, pane, pesce, olio d’oliva, legumi e verdura (cicoria, rape, cavoli, le piante tenere delle zucchine, asparagi), è in linea con le sane abitudini della dieta mediterranea. Molto diffuso è il consumo di pesce, in particolare cefali, triglie, alici, sarde, seppie , anguille e cozze del Lago. Non manca mai sulle tavole un barattolo di olive conservate in salamoia o sott’aceto oppure seccate o "acciaccate" con finocchietto selvatico ad insaporirle.Molto apprezzati sono anche i formaggi nostrani di pecora e capra come il cacioricotta, il caciocavallo e le mozzarelle di bufala. Da non dimenticare il "calzone" (cavcione), gustosa focaccia farcita di cipolle, uva passita ed acciughe. Caratteristici dolci di Natale sono i "crùstele", i "strùffele" (palline ricavate con ritagli di pasta e fritte in olio), i "pèttele" (fritelle di pasta) ed i "cavciuncidde" (piccoli calzoni ripieni di ceci e vincotto ovvero uno sciroppo dolcissimo, denso e dal colore nero, che viene ottenuto mediante cottura di fichi semiessiccati e serve come condimento per tutti i dolci descritti). Un particolare prodotto dell’artigianato locale è la “cruedda”: è una cesta di paglia di grano tenero lavorata a mano ed arricchita con applicazioni di pezze colorate e di filo o giunco di palude di Varano. Un contenitore che ha caratterizzato, in passato, la vita della donna di queste zone: nelle cruedde le donne mettevano la dote nuziale, il pane da cuocere al forno, i panni da lavare al torrente, il grano, la frutta, la pasta fatta a mano, i paramenti sacri per le solennità religiose.

Antonio Triggiani

Data Articolo: 
Venerdì, Marzo 9, 2007 - 21:00

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